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Scritti e poesie inviate al sito
Gli scritti da voi inviati
Questo è il primo scritto arrivato al nostro sito.
Lo ha inviato Giuseppe Pieramici - [email protected] - tramite Alvaro Cafini e parla come intuite della Centralina elettrica che la Comunità di Pescara del Tronto, aveva realizzato.
Spero che altri vogliano scriverci e mandarci delle fotografie storiche.
La centralina elettrica di Pescara del Tronto

La  centralina elettrica di Pescara fu costruita nel 1929, era una società  cooperativa ed i soci erano azionisti, il costo di un'azione era di  cento lire e quasi tutte le famiglie avevano partecipato.
 
Il  maggiore azionista era Ercole Filotei con 25 azioni ma c'era chi ne  aveva anche solo due. Mio nonno, (nome e cognome), ne possedeva 11.
 
La  centralina sviluppava una potenza elettrica tra i 25cv e i 125v.  Durante il giorno l'erogazione dell'elettricità veniva interrotta per  consentire alla vasca di carico di riempirsi e, la sera l'addetto  Antonio Rendina (detto 'Ndunuccitt), riapriva l'acqua e, non essendoci  elettrodomestici nelle case, a vasca piena riusciva a dare luce a tutte  le abitazioni. Antonio Rendina passava poi per le case per la lettura  dei contatori e ne riscuoteva i consumi. Chi non aveva il contatore  aveva il limitatore che poteva assorbire una certa quantità di corrente  pagando una cifra in abbonamento.
 
Tutto  funzionò così fino a quando il consorzio del Piceno, facendo ricerche  per l'acquedotto, intercettò la sorgente che alimentava la centralina, e  così la sera si accendevano le luci ma, come la vasca si svuotava la  luce prima si affievoliva, poi si spegneva. Il consorzio del Piceno fu  portato in giudizio e condannato a ridare l'acqua alla centralina e, per  tutto il periodo che aveva lasciato al buio il paese utilizzando lumi a  petrolio e ad olio per l’illuminazione, a risarcire gli utenti con  quattro milioni di lire. E qui iniziarono i guai della cooperativa,  primo perché il contabile della società (che era il prete) mise a  bilancio i 4 milioni come un utile di gestione e non come un  risarcimento e quindi fu soggetto a tassazione, e poi perché iniziarono  le discussioni su come ridividere la restante somma. I maggiori  azionisti volevano dividere la somma per numero delle azioni, altri,  sostenendo che i disagi erano stati uguali per tutti, volevano dividere  in parti uguali.
 
Dopo  circa un anno di assemblee cittadine, chi per dispetto, chi per  necessità in quanto nelle abitazioni iniziavano a fare ingresso piccoli  elettrodomestici, passarono dalla centralina elettrica di Pescara  all’ENEL (o forse ancora UNES) e così, andata in crisi, la centralina  chiuse i battenti.



Ancora una storia inviata al sito da Giuseppe Pieramici - [email protected] -
Non avendo fotografie a corredo di questo scritto, ho cercato di abbinarne qualcuna di fantasia.
Don  Ottavio  De  Cobelli
 
Don Ottavio De Cobelli, così mi pare che si chiamasse di cognome, fu il parroco di Pescara nei primi anni 50, tra la partenza di Don Luigi Mosca e l'arrivo di Don Giuseppe Laudaddio. Si spostava da Pascara  con una bicicletta da donna, perché aveva in cura anche la parrocchia di Vezzano. Prete dall'aspetto signorile, alto, longilineo, camminava sempre portando il suo cappello in mano, non lo indossava mai, né di estate, né d'inverno, tanto è, che un uomo di Pescara di statura bassa e grassoccia, incuriosito per quell'atteggiamento, incrociandolo avanti il cancello di casa mia, gli disse:
 
"Don Ottavio, porti sempre il cappello in mano, perché non lo metti una volta e mi fai vedere come ti stà?"
 
Il prete rispose:
 
"Hai mai visto un fungo porcino? Tale e quale è Don Ottavio con il cappello!"
 
Con la sua pungente ironia volle dare del fungo porcino al suo interlocutore, che per la sua statura e sotto il cappello che portava, pareva proprio un fungo porcino.
 
Ma io non parlo di Don Ottavio per questo fatto, Don Ottavio nel breve tempo che restò a Pescara, lasciò il segno della sua presenza.
 
Nel 1945 alla notizia della fine della guerra, in segno di festa furono suonate le campane e furono suonate talmente a lungo che ad un tratto il campanone fece un rintocco stonato, la campana si era rotta. Dal 1945 fino all'arrivo di Don Ottavio nel 1951 il campanone non fu piu' suonato.
 
Avere una campana appesa alla torre sensa poterla suonare per Don Ottavio non aveva senso, chiamò i campanari, che la buttarono giù dalla torre e sotto la scala della chiesa  fu messa sopra una traglia appositamente costruita e trainata da una coppia di mucche, fu portata fino alla fontana dopo il ponte, dove fu caricata e portata a fondere.
 
Arrivò il campanone ricostruito con il bronzo di quello vecchio, con una serie di verricelli e corde tirate da tutti gli uomini del paese, sotto la direzione dei campanari fu riposizionato al suo posto nell'arcata della torre, e a Pescara, da quella torre, si poterono risentire i rintocchi del campanone fino alle tre e trenta del 24 agosto del 2016.
 
Un altro segno fu lasciato a Pescara da quel prete, l'apertura dell'asilo. Prese in affitto un grosso locale fra la salaria nuova e quella vecchia, con la partecipazione degli uomini del paese, fece recintare un piazzale sul d'avanti, che occupava quasi per intero lo spazio che poi sarebbe stato occupato dal parco giochi ( dove adesso c'è il monumento alle vittime del terremoto, ) e tutti i bambini del paese poterono andare alla scuola materna. Ricordo le bambine con il grembiulino a quadretti bianchi e rosa con il colletto bianco annodato sotto il mento con un fiocco rosa, mente il grembiulino dei maschietti era in versione celeste compreso il fiocco. Ricordo la festa del primo giorno e i tanti bambini che giocavano nel piazzale. Negli anni che seguirono Don giuseppe fece costruire l'asilo sopra la sagrestia che funzionò per molti anni.
 
Don Ottavio era di origine toscana, discendente da nobile famiglia, la quale per tradizione dava il primo figlio alla chiesa, lui essendo primogenito dovette farsi prete, e fu un vero prete. Il suo desiderio era di diventare medico e dopo essere diventato prete studiò anche medicina. A Pescara possiamo dire che oltre ad avere avuto un buon prete avevamo anche un medico, chiunque aveva un malanno o una ferita da curare, andava dal prete, che non mancava mai della medicina occorrente.
 
Tutti andavano in chiesa, dopo la predica della domenica, si rivolgeva ai giovani e gli diceva:
 
"Bravi! Avete fatto il vostro dovere di buoni cristiani, ora divertitevi, andate a ballare."
 
E lui stesso andava dai carabinieri a prendere l'ordinanza per farli ballare.
 
Quando andò via da Pescara ebbe un incidente a Porto d'Ascoli e perse la vita, ma è ancora presente nei ricordi dei vecchi pescaresi.



Questo scritto è stato ritrovato da Franca Masciarelli - [email protected] - tra le sue vecchie carte di Pescara del Tronto.
La storia che esso racconta, è una storia di unione, tra tutti i Pescaresi, per cui vi prego di leggerlo attentamente.
La tocca

Il documento che andrete a visionare è un vero e proprio contratto, stipulato da tutte quelle persone che possedevano degli animali in paese, nella maggior parte dei casi si trattava di pecore.
E' diviso in quattro pagine.


Ancora una bella poesia di Baroni Olimpio, inviata al sito da Giuseppe Pieramici - [email protected] -
Olimpio Baroni cantava così:

Verrà  marzo il triste fare,                                                                                                                                                                                     
Ci sarà  del sospettare,
Il merlo zufola e fa il nido
Però  io poco mi fido.
Se farebbe capolino
È gli girasse il boccino,
Tratterrebbe nell'ovile
L'agnelletto  fino aprile.                                                                                                                                           
Però  voi non vi agitate
Se rovente viene l'estate,
Se farà  molto calore
Sulla cima del vettore.
Si dovrebbe anzi si deve
Andar lassù  a prender la neve,
Ma per meno faticare
Differente si può  fare.
Ce ne sono qui  abbondante
Deliziose assai bevande,
Contro il caldo una difesa
E che non costa molta spesa.
Quelle buone e prelibate
Da per tutto rinomate,
La più  buona e più  famosa
È  di Baroni la gazzosa.
 
Di Baroni Olimpio.



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